Isole di passaggio

Se è vero che da quando si sono diffusi in massa i satelliti destinati alla mappatura del Globo, non c’è luogo sulla Terra a noi sconosciuto, è altrettanto vero che la morfologia del nostro pianeta è in continua evoluzione. Siamo abituati a sentir parlare di zone costiere che vengono lentamente inghiottite dall’innalzamento degli oceani, di laghi e fiumi che si prosciugano a causa della siccità e di opere dell’uomo che uniscono oceani e mari che prima erano separati. Più raramente si apprende di isole che nascono da un giorno all’altro.

L’esempio più eclatante di questo fenomeno è quello di Surtsey, una piccola  isola al largo della costa meridionale dell’Islanda comparsa improvvisamente nel 1963.

L’isola, di origine vulcanica, deve la sua nascita ad un’eruzione che ha innalzato la crosta oceanica in quel punto  da 130 mt sotto il livello del mare a 174 mt sopra il livello del mare in 3 anni. Al termine dell’attività vulcanica, che si è protratta in modo non continuativo fino al 1967, e che l’ha resa fino ad allora inavvicinabile, l’isola ha raggiunto una superficie massima di 2.7 km quadrati.

Da quel momento in poi, Surtsey è diventata un’opportunità unica per lo  studio delle formazione della vita. Dichiarata riserva naturale quando l’ultima eruzione era ancora in corso, l’accesso è stato subito interdetto a chiunque, tranne che ad un piccolo gruppo di scienziati, che da allora studia l’evoluzione di flora, fauna marina ed ornitologica.

Per via della conformazione delle sue coste, l’attracco con natanti più grandi di un gommone è impossibile. Pertanto, l’unico modo che gli scienziati hanno di raggiungere il prefabbricato dove pernottano quando vi si recano per condurre esperimenti e prelevare campioni è in elicottero. Prima di ogni missione gli scienziati e i piloti controllano meticolosamente di non trasportare inavvertitamente sementi o altre tracce che possano alterare l’ecosistema dell’isola. 

Purtroppo, il periodo di osservazione non durerà neanche cento anni poiché, per via della friabilità delle rocce che la costituiscono, l’isola verrà presto completamente erosa e infine inghiottita dall’oceano.

Già oggi la sua superficie si è ridotta a 1.4km quadrati (dai 2.7 del 1967) e si stima che nel 2100 non ve ne sarà più traccia.

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Anche l’Italia ha avuto una sua “isola di passaggio”. Si tratta dell’isola Ferdinandea, una formazione di rocce laviche emersa tra Sciacca e Pantelleria a causa di un procedimento eruttivo nel 1831, che le fece raggiungere in poche settimane un’estensione di 4km quadrati e un’altezza di 65mt. Purtroppo, in meno di un anno l’erosione la riportò sotto il livello del mare, relegandola al ruolo di secca.

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