1940-1993: le città che non esistono

Alla fine del 1940 Stalin decise che l’Unione Sovietica dovesse sviluppare un programma nucleare su larga scala per vincere la corsa alla bomba atomica in cui tutte le principali potenze cominciavano a cimentarsi in quegli anni .

Per fare ciò, però, sarebbe stato necessario compiere uno sforzo organizzativo e logistico ragguardevole. Fu così deciso di creare città segrete che fornissero attraverso i loro residenti manodopera e competenze ai molteplici progetti di proliferazione nucleare (1).

Queste città, abitate per l’appunto da scienziati, tecnici, manutentori, operai, guardiani e dalle loro famiglie, sorgevano solitamente in zone isolate, ma vicino a un bacino o un corso d’acqua (necessari per il funzionamento delle centrali).

La loro definizione in burocratese era “entità amministrative territoriali chiuse” (acronimo russo ZATO). La loro particolarità era quella di non avere un nome, di non comparire sulle mappe o sui cartelli stradali, di essere recintate ed inaccessibili se non ai loro abitanti o a visitatori selezionati. Visitatori che necessitavano comunque di pass da presentare a uno dei checkpoint aperti sul loro perimetro.

Come detto, gli abitanti potevano entrare e uscire liberamente, ma non potevano parlare della loro città con altri cittadini russi (e men che meno con i pochi cittadini stranieri che circolavano all’epoca), pena l’incriminazione per tradimento.

Ciononostante, probabilmente attraverso i parenti degli abitanti o i funzionari di partito, si diffuse negli anni la voce dell’esistenza di queste entità, alle quali i russi comuni cominciarono a riferirsi con l’appellativo di “città casella postale”. L’unico modo di identificarle era infatti un codice postale che faceva riferimento a un fermoposta presso la città più vicina (a cui doveva essere inviata la corrispondenza per i cittadini della città-chiusa) e ne consentiva l’inoltro alla città chiusa.

Nonostante la condizione di diminuita libertà personale, la vita all’interno delle ZATO era una vita da privilegiati. I salari erano più alti del 20%, non vi era carenza né di varietà né di quantità di cibo, come purtroppo accadeva nel resto del paese, e i figli degli impiegati avevano accesso ad un’istruzione di primissimo livello, senza doversi spostare da casa. Pertanto, al loro interno si sviluppò nei decenni una sorta di sottocultura basata sull’orgoglio di far parte di qualcosa di speciale. Purtroppo, quello che gli abitanti delle città chiuse non sapevano è che la loro vicinanza alle centrali dove venivano sviluppati i “progetti” li esponeva quotidianamente ad una quantità di radiazioni che, a lungo andare, avrebbe nuociuto alla maggior parte di loro.

Già all’inizio degli anni ’80 le gerarchie sovietiche dovettero pensare che mantenere una segretezza formale su qualcosa di conosciuto da tutti fosse anacronistico o che fosse per qualche motivo venuta meno l’esigenza di segretezza. Decisero così di aprire alcune di queste città, tra le quali quella di Perm. La maggior parte però rimase segreta fino alla disgregazione dell’impero sovietico e oltre: di fatto fino alla nuova costituzione del 1993.

Attualmente in Russia ci sono 42 città un tempo segrete, che ora sono pubblicamente riconosciute, ma che continuano a mantenere lo status di territorialità speciale e che sono inaccessibili da parte degli stranieri. Tre quarti di esse sono amministrate dal Ministero della Difesa e un quarto dalla Rosatom. In esse vivono 1.5 milioni di persone.  Si pensa che ve ne siano alcune altre che ancora non sono state ufficializzate.

***********************************************************************************************

In aggiunta alle città chiuse, nate per motivi bellico-militari, vi erano città chiuse per motivi  geo-politici, quali Kaliningrad e Saaremaa, poiché situate in zone strategiche o perché confinanti con paesi del blocco occidentale.

***********************************************************************************************

Le città-chiuse sono un fenomeno che non riguarda solo l’Unione Sovietica, e ora la Federazione Russa. Ve ne sono state anche in Albania, in Sudafrica, in Cina e negli  Stati Uniti (soprattutto città funzionali al Manhattan Project).

Clicca qui per visionare le fonti dell’articolo

(1) terminata la guerra altre città vennero dedicate ai programmi spaziali.