La storia moderna è ricca di esempi di invenzioni che non hanno arricchito i visionari che le hanno date alla luce, quanto piuttosto chi, spesso anni dopo, ha saputo reinterpretarle e renderle fruibili dal grande pubblico al momento giusto.
Ciò accade generalmente per tre ordini di motivi: 1) mancanza di mezzi economici e/o connessioni politiche per realizzare e proteggere l’invenzione; 2) invenzione così prematura da non poter essere compresa dal mercato, se non molto tempo dopo; 3) una così alta focalizzazione sull’eccellenza tecnologica da indurre il produttore a trascurare marketing e distribuzione.
Alla terza casistica si può ricondurre quello che ormai è diventato un caso di studio internazionale, quando si parla di marketing.
Chi ha più di quarant’anni ricorderà il brand Betamax. Si tratta del primo sistema di largo consumo di videoregistrazione su cassetta brevettato dal colosso giapponese Sony nel 1975. Il sistema è stato il primo del genere introdotto sul mercato. Era di altissima qualità e veniva prodotto da una grande azienda che ancora oggi è tra i leader dell’elettronica di consumo. Eppure, quando si parla di videoregistrazione, tutti ricordano VHS.
VHS è lo standard, a detta dei tecnici con qualità dell’immagine inferiore e predisposizione all’usura delle videocassette molto superiore, introdotto un anno dopo da uno dei concorrenti della Sony: la JVC. L’esito della guerra dei videoregistratori è noto. Il VHS ha trionfato a tal punto che nel 1988 la Sony ha cominciato a produrre videoregistratori VHS.
Quali sono i fattori alla base di questa vittoria che ha fatto sì che per buona parte degli anni ’80 e fino alla fine degli anni ’90 (quando il prodotto si è avviato sulla strada di una meritata obsolescenza), si sia continuato a registrare o a guardare quasi esclusivamente VHS?
Innanzitutto il registratore VHS pesava il 20% in meno di un betamax e questo a livello di costi di produzione industriale e di logistica ha un grande impatto. In secondo luogo, su un Betamax inizialmente si poteva registrare solo un’ora di video, mentre su VHS due, il che fa un grande differenza quando si vuole incidere un film su un’unica cassetta. In terzo luogo, in quanto pioniere, solo Sony, e non JVC, fu citata in giudizio dai produttori di contenuti Disney e Universal Studios, che l’accusarono di aver sviluppato una tecnologia che favoriva la pirateria (causa poi vinta da Sony, ma solo nel 1984 con danni di immagine rilevanti). Ma ciò che fece veramente la differenza fu che JVC ebbe sempre ben presente che ciò che fa il successo di una tecnologia di largo consumo è la diffusione del suo standard, prima ancora che la sua qualità. Così, da subito si aprì a collaborazioni con altri produttori e fu soprattutto lesta a capire che il mercato sarebbe stato non tanto trainato dalle scelte dei consumatori, quanto influenzato dal ruolo dei noleggiatori di cassette (che all’epoca noleggiavano anche i videoregistratori). Così, li “corteggiò” proponendo loro prodotti a prezzi inferiori, e di più facile stoccaggio, e si assicurò quindi che i noleggiatori ordinassero dalle case di distribuzione cinematografiche film in VHS anziché in Betamax, finché queste ultime cominciarono progressivamente a distribuire i propri film solo in formato VHS. Da quel momento in poi anche il privato che volesse comprarsi un videoregistratore si trovò di fronte alla scelta obbligata di optare per quello che leggesse lo standard di videocassetta più diffuso, cioè il VHS.